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Cibreo, intingolo gentile, ricetta, nata, come tante altre, dall’esigenza di non sprecare nulla.

Pubblicato da Maria Susana Diaz il 03/05/2013 | 13:05

cibreo
Fegatini e creste di gallo rosolati, stufati, legati da uova battute con limone e brodo.
C’è chi ha rischiato la vita per aver troppo apprezzato questo piatto, semplice ma così buono, così toscano.

Artusi lo considerava un “intingolo semplice, ma delicato e gentile, opportuno alle signore di stomaco svogliato e ai convalescenti”.
Certo è che un piatto del genere è in grado di rimettere in forze chi si sente un po’ debilitato e, nonostante la sua semplicità, può stuzzicare l’appetito anche in chi solitamente è poco goloso...
Ne sa qualcosa Caterina de’ Medici (non si può evitare di citarla parlando di cucina toscana) che, pur non essendo né convalescente né tanto meno di stomaco svogliato, se ne fece una tale scorpacciata durante un banchetto da rischiare una poco dignitosa morte per indigestione.
Un regale miscuglio Ma che cos’è questo piatto tanto apprezzato?
Nient’altro che un miscuglio di interiora e creste di gallo, legate da un intingolo a base di uova. L’etimologia del nome, nelle sue diverse interpretazioni, ci racconta l’essenza di questa preparazione: alcuni fanno derivare il nome da “zingibereus”, termine sospeso tra il latino maccheronico e l’arabo, che significa “cibo piccante da re”.
Forse non era più tanto piccante come quando nacque, ma senz’altro era regale quando Caterina de’ Medici se ne ingozzò, perché la carne avicola era rara e preziosa, anche se il cibreo ne utilizzava gli scarti. L’Accademia della Crusca, invece, fa derivare cibreo dalla parola latina gigeria, che significa interiora di pollo miste.
Anche Giambattista Fagiuoli, letterato del Seicento, dicendo “mi compose di chiacchiere un cibreo” alludeva a un miscuglio; di parole, ma sempre miscuglio.
E un miscuglio ordinò la Volpe, quando con Pinocchio e il Gatto si fermò a mangiare all’osteria, e si fece portare “per tornagusto un cibreino di pernici, di starne, di conigli, di ranocchi, di lucertole e d’uva paradisa”.
Povero ma ricco.
Molto diverse sono le versioni di questa ricetta, nata, come tante altre, dall’esigenza di non sprecare nulla: alcuni, seguendo Artusi, preparano una formula senza profumi, alla quale ci siamo anche noi attenuti. Altri prevedono l’uso di cipolla ed erbe per rosolare i fegatini, alcuni aglio, o verdure, pomodoro, acciughe... Un cibreo di ingredienti semplici, per un piatto nato povero, ma lo stesso ricco: di sostanza e di gusto.
 
Ingredienti principali:
fegatini e creste di gallo
burro
uova

Ricetta per persone n.
4
Ingredienti:
fegatini e creste di gallo g 400
burro g 30
3 uova
farina bianca
brodo
limone
sale
pepe

Preparazione: 50’
  • Mescolate la farina, il cardamomo schiacciato ed il latte di noce di cocco ed ottenete un composto omogeneo.
  • Aggiungete il lievito che è stato mescolato con acqua calda.
  • Aggiungete lo zucchero ed impastate per unire bene.
  • Lasciate riposare per un istante, fino a che non cominci a lievitare.
  • Poi riscaldate un paio di cucchiai da tavola di olio in un karai (una padella tipica swahili per i vitumbua) o in una vaschetta per friggere.
  • Cucinate i vitumbua uno alla volta. Versate mezza tazza dell’impasto e abbassate il fuoco e cucinatelo da un lato, poi giratelo dall'altro lato.
  • Quando è cotto da entrambe le parti, mettetelo sul tovagliolo di carta per asciugare l’olio.
  • Serviteli caldi o freddi.

 


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A proposito di: Maria Susana Diaz

Ho deciso di aprire questo blog, per condividere insieme ad altre persone la passione che ho per la cucina, da qui il titolo del blog, non mancheranno ricette classiche, rivisitate, personali e cercherò di spaziare il più possibile. Le ricette che troverete rispecchiano il mio quotidiano, spero di riuscire per quanto sia la mia modesta esperienza di poter esservi utile nei miei consigli, perchè qualunque cosa decidiate di fare, la cucina richiede tempo, amore e passione.

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